Una nuova ondata di arresti scuote il quadrante sud del Lazio, toccando le province di Latina, Frosinone e Roma, per pesantissime minacce ad un imprenditore. Nove persone sono state raggiunte da un’ordinanza cautelare emessa dal Gip di Roma su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, nell’ambito di un’inchiesta collegata all’operazione “Assedio”, già nota per aver portato allo scioglimento del Comune di Aprilia. L’accusa è grave: estorsione, con minacce, intimidazioni e spari per costringere un imprenditore a cedere beni immobili a prezzi irrisori.
La vittima è Emanuele Rossi, titolare della società Rossi Costruzioni Edili Srl, proprietario di tre unità immobiliari in via del Mare a Pomezia, dal valore complessivo di circa 300.000 euro. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, due gruppi criminali — apparentemente contrapposti, ma in realtà alleati — avrebbero orchestrato un disegno unitario per spingerlo alla svendita, esercitando pressione psicologica e violenza fisica, compresi colpi di arma da fuoco esplosi contro il cantiere.
I gruppi coinvolti fanno riferimento, da un lato, a contesti della criminalità organizzata siciliana, e dall’altro, a figure legate alla Banda della Magliana e alla criminalità romana. Tra i destinatari delle misure figurano Francesco Mario Dimino, Gaetano Mirabella, Luigi Montegrande e Antonio Nicoletti (figlio dello storico cassiere del clan della Magliana). In provincia di Frosinone, coinvolti anche Roberto Fiorini (Alatri) e il pontino Pasquale Lombardi, con un passato nei circuiti dell’area di Sezze.
Il sistema di estorsione non si è limitato agli immobili. L’imprenditore è stato anche costretto, a sottoscrivere due contratti di sponsorizzazione sportiva per un valore complessivo di 100 mila euro a favore di società di calcio e basket legate ai gruppi.
Emblematico il clima in cui si muovevano: “Vengo a casa tua, ti ammazzo i figli e tua moglie, e poi ti faccio morire lentamente”, questa una delle frasi intercettate. A queste minacce sono seguiti veri e propri agguati con armi da fuoco.
L’operazione, coordinata dalla Dia di Roma e avviata nel 2018, ha portato alla luce un intreccio pericoloso tra vecchi nomi della criminalità e nuovi interessi nel settore immobiliare del Lazio. L’obiettivo era chiaro: impossessarsi con la forza di immobili e attività commerciali, sfruttando la paura e la debolezza economica del territorio. Un imprenditore pometino, coinvolto come finto “mediatore”, è accusato di aver aggravato la posizione della vittima, costringendola a firmare contratti capestro anziché proteggerla.
Il caso conferma un dato sempre più inquietante: il tessuto economico del sud Lazio è tutt’altro che impermeabile alle infiltrazioni criminali. I nomi coinvolti toccano Aprilia, Pomezia, Alatri, Sezze, e la rete d’influenza arriva fino alla Capitale. L’episodio svela una criminalità che, pur mutando volto, resta radicata e capace di condizionare gli equilibri sociali ed economici locali.
Le indagini sono tuttora in corso e potrebbero aprire nuovi scenari anche su altre attività e imprenditori della zona.
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