All’Ospedale di Anzio, gestito dalla ASL Roma 6, la situazione della sanità pubblica si fa sempre più tesa. A oltre una settimana dal termine annunciato – il 9 aprile 2025 – per l’apertura dei nuovi reparti di Terapia Intensiva e Semintensiva, i lavori risultano ancora fermi. Nessuna inaugurazione, nessuna comunicazione ufficiale: solo ritardi, silenzi e indignazione crescente.
Ma a far traboccare il vaso è stato un gesto apparentemente secondario: la donazione di alcune panchine installate all’esterno del presidio ospedaliero, celebrata sui social con selfie sorridenti dei dirigenti della ASL. In un clima già segnato da forti tensioni, questa mossa è stata vissuta come una beffa istituzionale.
“È vergognoso. Abbiamo bisogno di personale e reparti funzionanti, non di panchine e foto sorridenti” – ha commentato duramente una cittadina di Anzio.
Ospedale di Anzio, ritardi gravi e rischi per i pazienti
L’apertura dei reparti di Terapia Intensiva e Semintensiva era stata annunciata come una priorità assoluta, necessaria per evitare trasferimenti d’emergenza di pazienti critici verso altri ospedali del Lazio. Ma la speranza si è trasformata in frustrazione. L’assenza di spiegazioni da parte della ASL Roma 6 ha aggravato la sensazione di abbandono da parte delle istituzioni sanitarie.
“Ogni giorno di ritardo si traduce in rischi reali per chi ha bisogno di cure urgenti – dichiarano le associazioni locali – È inaccettabile che a fronte di promesse così importanti ci si ritrovi con il nulla e con operazioni d’immagine fuori luogo “
Comunicazione fallimentare e sfiducia crescente
Il caso delle panchine ha fatto rapidamente il giro dei social. Le immagini dei dirigenti che posano sorridenti su arredi urbani hanno suscitato una valanga di critiche, interpretate come una mancanza di rispetto verso le reali urgenze dell’ospedale e dei cittadini.
In molti chiedono trasparenza sulle tempistiche reali dei lavori e un’inversione di rotta nella gestione dell’intera struttura. Le associazioni di categoria e i comitati civici di Anzio e Nettuno si stanno mobilitando per ottenere risposte ufficiali dalla ASL e garanzie concrete sull’apertura dei reparti promessi.
Nel frattempo, cresce l’esasperazione di una comunità che non chiede gesti simbolici, ma un diritto fondamentale: una sanità pubblica efficiente, dignitosa e vicina ai bisogni delle persone.
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