Il Piano AUBAC (Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Centrale), presentato come strategico per la tutela dei laghi Albano e di Nemi, finisce nel mirino di comitati e associazioni ambientaliste.
Secondo un’analisi tecnica, le misure previste sarebbero “del tutto insufficienti” rispetto alla gravità del dissesto idrico e ambientale in atto nei bacini dei Castelli Romani.
Gli esperti contestano innanzitutto l’eccessivo peso attribuito ai cambiamenti climatici come causa principale dell’abbassamento del livello delle acque. “Gli studi e i dati storici – si legge nella nota – dimostrano che i veri responsabili sono captazioni, sovrasfruttamento della falda e opere antropiche invasive, che hanno rotto l’equilibrio idrico naturale”.
Tra i punti critici segnalati:
- Ciclo idrico trentennale ignorato: il piano non considera il ciclo di circa 30 anni del flusso profondo, fondamentale per pianificare interventi sostenibili.
- Aumento demografico usato come alibi: nei Castelli Romani la popolazione è in calo, ma il documento lo cita per giustificare nuovi fabbisogni idrici e infrastrutture.
- Progetti ad alto impatto ambientale: preoccupano le “gronde” per la captazione delle acque meteoriche, ritenute dannose per l’equilibrio biologico e la biodiversità.
- Obiettivi troppo bassi: secondo i calcoli, per ripristinare l’equilibrio idrologico servirebbe risparmiare 38 milioni di metri cubi d’acqua l’anno, ma il piano si ferma a meno di 7 milioni, cioè meno del 18% del necessario.
Le associazioni chiedono una revisione radicale del Piano AUBAC, con misure come lo stop immediato al consumo di suolo e a nuovi pozzi, la riduzione dei prelievi idrici del 20-30%, la tutela delle falde in base alla Delibera Regionale 445/2009, il blocco del raddoppio dell’acquedotto Sforza Cesarini e il no alle “gronde”.
“Il Piano AUBAC, così com’è, non salva i laghi – denunciano – ma rischia di diventare una copertura politica per continuare lo sfruttamento idrico, finanziando progetti di ACEA che dovrebbe sostenere autonomamente. I laghi dei Castelli Romani non possono più aspettare compromessi: serve un cambio di passo coraggioso e fondato su basi scientifiche”