In Italia la povertà energetica famiglie e piccole imprese è un’emergenza sempre più evidente. Secondo l’Ufficio Studi CGIA di Mestre, sono oltre 5,3 milioni gli italiani che vivono in case fredde d’inverno, soffocanti d’estate e con un uso ridotto di elettrodomestici di base. Allo stesso tempo, piccoli negozianti, artigiani e partite IVA pagano il doppio delle grandi aziende per il gas, e il 55% in più per l’elettricità. Una doppia stangata che colpisce le fasce più fragili della popolazione e dell’economia, mentre le grandi imprese godono di sconti, agevolazioni e capacità contrattuale.
I dati aggiornati al 2023 parlano chiaro: quasi 2,4 milioni di famiglie italiane, soprattutto nel Mezzogiorno, non riescono a sostenere i costi energetici minimi per una vita dignitosa. In Calabria, Basilicata, Molise e Puglia il fenomeno riguarda oltre il 17% delle famiglie. Si tratta, spesso, di nuclei numerosi, con un capofamiglia disoccupato, pensionato solo o lavoratore autonomo, che vive in abitazioni fatiscenti. Case senza isolamento, prive di climatizzazione e dove si rinuncia all’uso di elettrodomestici per contenere i costi.
Parallelamente, le piccole imprese italiane – che rappresentano il 98% del tessuto produttivo e danno lavoro al 60% degli addetti del Paese – continuano a subire un forte svantaggio competitivo rispetto alle grandi realtà. Nel 2024 il gas è costato loro 99,5 euro per MWh, contro i 47,9 euro delle grandi aziende. Anche sulla luce il divario è pesante: 218 euro per MWh per le piccole, contro 140 delle grandi. Una sproporzione che nasce dai costi fissi, dagli oneri di sistema e dalla minore capacità di contrattazione. Mentre le grandi aziende possono siglare contratti pluriennali e godere di agevolazioni su accise e tasse, i piccoli imprenditori pagano tariffe di mercato, spesso più instabili, e costi di rete più alti, soprattutto nelle aree periferiche.
Il risultato è un Paese a due velocità, dove la povertà energetica famiglie e imprese diventa un indicatore di squilibrio strutturale. Con un Sud più esposto, una classe media sempre più fragile e una piccola impresa strangolata da spese fisse crescenti, il rischio è che l’accesso all’energia – bene primario – diventi una nuova frontiera di disuguaglianza. Il caro bollette non è più solo una voce nei bilanci: è una questione sociale.
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