Dal 1 all’8 giugno, lo spazio espositivo di Porta Napoletana ha riaccolto l’opera di Valerio De Angelis, artista e docente che ha lasciato un segno profondo nella vita culturale di Velletri.
Una retrospettiva curata con dedizione dalla figlia dell’artista l’Avv. Cristina De Angelis con il patrocinio del Comune, che ha saputo restituire, attraverso una selezione attenta delle opere, la voce ancora viva del padre.
Valerio non è stato soltanto un artista, né solo un professore. È stato un riferimento per la scuola, per l’arte, per un’idea di bellezza che non ha mai cercato il consenso ma il senso.
In questa mostra, le grandi tele dai colori ancora vivissimi e le sculture in vetro – dove la luce gioca con le trasparenze del tempo – hanno riacceso il respiro profondo della sua ricerca. Più volte ospite di questo stesso luogo, Valerio torna simbolicamente a Porta Napoletana come in una stanza di famiglia, con le pareti a fare da cornice a un dialogo mai interrotto.
Il finissage dell’8 giugno ha suggellato tutto questo. Ma più che una conclusione, ha segnato l’inizio di un nuovo sguardo. Sarà infatti proprio Cristina a curare la pubblicazione del sito dedicato all’intera produzione artistica del padre, affinché resti accessibile, visibile e presente.

Riflessione critica: Dove il colore resta.
“Seguendo un caleidoscopio di un pittore, sarebbe il caso di farsi contagiare da una stilla della sua follia. Questo perché il fare pittura è una provocazione, e la trasgressione che ne deriva è un invito a perdersi negli arabeschi della sua danza per annullare le assurde geometrie della vita.” Manlio Rondoni.
Questa frase mio padre la scrisse per Valerio De Angelis molti anni fa, per un catalogo.
Non era solo un testo, era un passaggio di senso tra due artisti legati da un’amicizia autentica, fatta di studio condiviso, pennelli, sigarette, aneddoti e mostre costruite con onore.
Due uomini pieni di luce, di colore, di coraggio creativo… Nessuna posa, nessuna nostalgia. Solo fare arte, viverla!
Rivedere oggi le grandi tele di Valerio è come tornare dentro quel gesto. Il colore è ancora vivo, diretto, senza compromessi. Le sculture in vetro trattengono la luce e la rilasciano a frammenti, come se il tempo potesse, per un attimo, cambiare direzione. Con Cristina, sua figlia, che oggi cura con dedizione questo passaggio, ci ritroviamo a continuare una storia iniziata dai nostri padri.
Un filo teso tra le mani e le visioni di due generazioni. La nostra presenza oggi non ha nulla di celebrativo. È concreta. È quello che resta quando il gesto si fa eredità, ma senza enfasi. Non si eredita l’arte. Si eredita la possibilità di rimanerle fedeli.



