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Home » Blog » 1 maggio: la festa del lavoro. Sottopagato, precario, che produce morti. Necessario rimettere al centro dell’azione politica il lavoro vero e non la rincorsa al profitto.

1 maggio: la festa del lavoro. Sottopagato, precario, che produce morti. Necessario rimettere al centro dell’azione politica il lavoro vero e non la rincorsa al profitto.

Eugenio SiracusaEugenio Siracusa01/05/20246 Mins Read
Un corteo sindacale

1 maggio. La festa del lavoro e dei lavoratori. Una festa amara se consideriamo i morti sul lavoro che sono una piaga inarrestabile. 354 morti (sul lavoro 274; in itinere 80; media giorno 2,9) alla data del 28 aprile. 21 solo nel Lazio.

Un dato impressionante e che registra un considerevole aumento rispetto al 2023.

Eppure di fronte a questo fenomeno non c’è nessuna levata di scudi, nessuna protesta vibrante, soprattutto dai partiti, men che meno dal Governo.

Si riuscirà a festeggiare un 1 maggio senza dover ricordare il lungo elenco di morti?

I sindacati dal canto loro, hanno lanciato campagne di sensibilizzazione, mobilitazioni, scioperi perché di lavoro non si può morire, ma sembra proprio che questo grido risulti inascoltato.

Ma che 1 maggio è questo odierno? Del lavoro precario e sottopagato, dell’abbandono da parte degli over cinquantenni della ricerca di un lavoro, soprattutto tra coloro che un lavoro ce l’avevano ed ora non ce l’hanno più.

Aumenta l’occupazione dicono alcuni dati Istat, ma a vedere il tipo di contratti ci si accorge che sono per lo più contratti sottopagati, contratti precari.

Oggi coloro che hanno perso un lavoro fanno estremamente fatica a trovarne un altro e spesso, quando lo trovano, si devono accontentare di una paga con la quale non riescono nemmeno a far fronte alle spese.

Non va meglio per i giovani alla ricerca di una porta d’ingresso nel mondo del lavoro.

Nonostante gli sforzi nella formazione, nei corsi GOL, la strada per un lavoro stabile e pagato regolarmente è sempre in salita. Chi ce la fa emigra, va all’estero dove le opportunità sembrano essere migliori.

E’ anche vero però che alcuni mestieri, soprattutto manifatturieri, sembrano non avere più nessun appeal soprattutto nelle giovani generazioni.

La festa del 1 maggio nasce come rivendicazione per orari più consoni, per un salario dignitoso.

Ma quale è il salario dignitoso dei lavoratori italiani? Secondo un recente studio di Forbes questa sarebbe la situazione in Italia. Lo stipendio netto varia in base al numero delle mensilità previste dal contratto (se c’è la tredicesima o la quattordicesima) e all’imposizione fiscale progressiva. Su 13 mensilità, lo stipendio netto in Italia è di 1.818€ per gli impiegati e 1.524€ per gli operai; su 14 mensilità il primo è di 1.688€ e il secondo è pari a 1.415€. I dirigenti guadagnano 4.473€ netti su 13 mensilità e 4.153€ su 14 mensilità, mentre i quadri rispettivamente 2.668€ e 2.478€.

Questo invece lo spaccato delle retribuzioni distribuite nelle regioni italiane.

  1. Tra Nord e Sud del paese vi è una differenza delle retribuzioni del 14%.
  2. La prima regione con stipendi medi più alti è la Lombardia (RGA media 33.452€), seguita dal Lazio (32.360€) e Liguria (32.156 €).
  3. Le regioni che pagano peggio i lavoratori sono Basilicata, Calabria e Puglia, dove gli stipendi annui vanno dai 26.055 e ai 27.261€.
  4. Le province con le retribuzioni più alte sono Milano, Trieste, Bolzano, Roma, Genova, Parma, Bologna, Varese, Torino e Monza Brianza. Fanalino di coda Matera, Crotone e Ragusa.

Fonte: Geography Index 2023, Osservatorio JobPricing.

Non va meglio se questi dati vengono confrontati con la media europea. Il reddito da lavoro medio annuo in Italia è pari a 37.769$ (34.736€ circa) secondo i dati OCSE, ovvero un reddito inferiore di 11 mila euro rispetto alla media OCSE di 49.165$ (45.217€ circa).

Ora a leggere questi dati, sembrerebbe che 1800 euro di stipendio sarebbe un gran bel stipendio, peccato che a questa somma bisogna togliere il mutuo, che per effetto degli aumenti dei tassi di interessi hanno portato le rate dei mutui a raddoppiarsi sfiorando i 1000 euro mese dai circa 500 per un mutuo ventennale.

Se a ciò aggiungiamo gli aumenti dei costi alimentari, energetici e dei beni di consumo, l’aumento della benzina, ben che va alla fine del mese lo stipendio è azzerato, nella peggiore delle ipotesi, ovvero per la grande parte degli italiani, bisogna ricorrere al “gruzzoletto” quando c’è.

Senza considerare eventuali imprevisti. Di fatto, come altri indicatori Istat hanno evidenziato gli italiani sono più poveri, sono scontenti dei salari, che risultano essere tra i più bassi di Europa.

Il Governo pensa di aiutare il ceto medio con la stratosferica cifra di 100 euro nelle prossime tredicesime (troppa grazia ndr) e di una defiscalizzazione sui premi di partecipazione che in Italia viene percepito solo dai lavoratori delle aziende strutturate e sindacalizzate.

Le politiche salariali al ribasso sono anche agevolate dalle norme sul lavoro, dalla deregolamentazione dei contratti, dall’introduzione del jobs act (la riforma scellerata di renziana memoria). Per troppi anni, si è rincorso al profitto e alla “liberalizzazione dei diritti” invece che mettere al centro il lavoro, come forma di emancipazione e di stabilità sociale.

Per questo motivo la CGIL ha rilanciato con la firma dei referendum sul mercato del lavoro.

Per il lavoro di metto la firma, questo lo slogan della campagna referendaria lanciata dalla CGIL. Per un lavoro stabile, dignitoso, sicuro e tutelato. In queste settimane, dal 25 aprile è partita la raccolta di firme in tutta Italia per promuovere i referendum sul lavoro.

Dalla cancellazione della norma sui licenziamenti previsti dal jobs act, che non prevede la reintegra di fronte ad un licenziamento illegittimo, eliminare il tetto massimo all’indennizzo previsto per i licenziamenti illegittimi, cancellare la liberalizzazione dei contratti a termine e limitare l’utilizzo delle causali specifiche e temporanee, eliminare la norma che esclude la responsabilità solidale delle aziende committenti negli appalti e sub appalti, di fronte agli infortuni sul lavoro e malattia professionale.

Sarà dunque un altro 1 maggio di rivendicazione con manifestazioni in tutta Italia organizzate da CGIL, CISL e UIL. Da Milano a Bologna, da Firenze a Roma con il Concertone al Circo Massimo, da Napoli a Bari, da Cagliari a Palermo.

Nel Lazio, oltre al Concertone nella Capitale, si svolgeranno manifestazioni a Rieti, a Poggio San Lorenzo.

A Isola del Liri, tradizionale appuntamento con il corteo delle Organizzazioni Sindacali e il comizio in piazza Boncompagni.

A Latina invece concerto al Teatro D’Annunzio alle ore 20.

A Velletri appuntamento con il 1 maggio dei Castelli, che cambia location, dopo l’incresciosa scarsa sensibilità dimostrata dall’amministrazione di destra centro guidata dall’avv. Cascella. La manifestazione canora che richiama tantissimi giovani si svolgerà presso il DLF già a partire dalla mattinata di oggi.

Un 1 maggio su cui riflettere sul senso del lavoro e sulle sue prospettive. In ricordo di coloro che di lavoro sono morti, per coloro che non lo trovano, per quelli che lo hanno perso.

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