Sono di nuovo fermi i lavori allo stabilimento Fassa e Bortolo di Artena. Dopo la ripresa degli stessi qualche settimana fa, da ieri l’area di cantiere è ferma. Nessun operaio in azione, fermi i camion, fermo l’escavatore.
Viene da chiedersi se qualcuno abbia consigliato la proprietà di fermarsi dopo che i comitati erano tornati sul piede di guerra.
Mentre i lavori sono fermi, ferma è anche l’attività procedimentale. Nessuna esortazione da parte del Comune, nessuna notizia da parte della Regione, niente anche dalla procura che è l’unica che ha dei tempi scanditi e che sicuramente farà qualcosa, in un vero o nell’altro.

Certo sembra proprio che questo attendismo, questa sorta di partita a scacchi, sia l’attesa di cosa farà la Procura della Repubblica di Velletri.
Dovesse partire una azione della magistratura, allora tutto diventerà più complicato per la Fassa, che nei mesi scorsi aveva anche minacciato la chiusura dello stabilimento se l’investimento si fosse fermato.
Uno strumento di pressione verso l’amministrazione comunale e i comitati, i quali però non si sono persi d’animo, reagendo alla dichiarazione aziendale, aumentando le iniziative e la presenza.
Se invece dalla Procura non dovesse sortire nessun atto o azione, allora la partita tornerà ad essere giocata, con molta probabilità.
I comitati sono comunque all’erta e non faranno sconti a nessuno, come più volte ribadito pubblicamente.
Tra tutti i problemi ambientali che questo progetto porterà con se, c’è ne uno che può essere fortemente impattante. Stiamo parlando del consumo di acqua che l’impianto dovrà usare per realizzare la produzione.
Un consumo di acqua esagerato, in un territorio dove l’acqua già di per sè rappresenta un problema, con le tate irruzioni di Acea e con i razionamenti per via della siccità ,a soprattutto per via del fatto che la metà dell’acqua si perde nelle tubature rotte ed obsolete e sulle quali Acea non riesce ad intervenire in maniera organica.
146 mila metri cubi di acqua all’anno, verranno consumati dalla Fassa per la realizzazione della produzione. Un quantitativo enorme di acqua potabile sottratta ai terreni e ai cittadini per produrre calcestruzzo. 400 mila litri di acqua al giorno che potrebbe soddisfare un paese di 4000 persone.

A pagarne le conseguenze potrebbe essere il vicino pozzo che alimenta Giulianello di Cori a soli 800 metri di distanza dalla fabbrica e di questo passo dovendo captare per forza questo quantitativo di acqua si rischierebbe anche la sopravvivenza del lago di Giulianello.
Un allarme che i comitati e i cittadini continuano a ripetere come un mantra e dovrebbe basterebbe già questo ai politici locali e non, per fare una corretta valutazione sulla convenienza o meno di avere uno stabilimento di questo genere in un territorio a vocazione prettamente agricola.
Tanti sono i dubbi, come anche l’impatto ambientale e sulla qualità dell’aria che già oggi tra Artena e Colleferro non è certo delle migliori.
Intanto tutto tace, nella calda estate artenese, in attesa di un fatto nuovo.