Non sono stati i Comuni, come riportato da alcuni comunicati, a promuovere la seconda audizione in Regione sulla situazione dei laghi e delle falde dei Colli Albani, ma oltre 40 associazioni ambientali del territorio, riunite nel Coordinamento Ambientalista dei Castelli Romani.
A precisarlo sono proprio le realtà civiche coinvolte, che hanno formalmente richiesto alla Regione Lazio di riaprire il confronto, stavolta coinvolgendo tutti i Comuni interessati.
L’obiettivo è chiaro: mettere al centro un problema strutturale e decennale, troppo spesso ridotto a semplice emergenza stagionale. Durante l’audizione del 3 giugno 2025, le associazioni hanno voluto ribadire quanto il fenomeno dell’abbassamento dei laghi e delle falde non sia affatto nuovo né legato esclusivamente ai cambiamenti climatici.
“Fenomeno noto da oltre 30 anni, servono misure strutturali”
Già negli anni ’90 – ricordano i portavoce – furono i primi studi a segnalare un progressivo abbassamento dei livelli idrici. E il primo intervento ufficiale arrivò nel 1998 dalla Provincia di Roma, tramite l’Ufficio Geologico.
Ma è nel 2005 che un gruppo di lavoro scientifico composto da Regione Lazio, Autorità dei Bacini e Università Roma Tre ha individuato con rigore le cause del fenomeno: il prelievo idrico supera la capacità di ricarica naturale delle falde almeno del 10%.
Un dato che, da solo, spiega l’emergenza permanente a cui sono sottoposti i bacini lacustri e le riserve sotterranee dell’area.
La pressione crescente su falde e bacini
Secondo il Coordinamento, la situazione è resa ancora più critica da una domanda idrica sempre più alta: la popolazione dei Castelli Romani, le attività produttive e gli stessi Comuni attingono non solo alle risorse locali, ma anche a bacini esterni come quelli dei Simbruini, aggravando la pressione complessiva sull’idrostruttura dei Colli Albani e dei laghi dei Castelli Romani.
Da qui, la richiesta alle istituzioni regionali di un piano serio di riduzione dei consumi, mirato a tagliare del 30% l’estrazione idrica in tutti i settori – residenziale, agricolo, industriale e dei servizi – e accompagnato da una campagna di buone pratiche rivolta ai cittadini.
Pozzi privati, suolo e progetti a rischio
Altro nodo centrale è quello dei pozzi privati, spesso fuori da qualsiasi monitoraggio. Le associazioni stimano la presenza di decine di migliaia di pozzi, sia regolari sia abusivi, che continuano ad attingere dalla falda senza alcun controllo. Una situazione che, senza interventi di censimento e regolazione, rischia di vanificare ogni piano di tutela.
In parallelo, le associazioni chiedono uno stop deciso al consumo di suolo nei Colli Albani, sollecitando la Regione a inasprire le normative urbanistiche esistenti e adottarne di nuove. “Non possiamo permetterci di continuare a sottrarre terreno vitale all’ambiente per nuove edificazioni, aggravando un sistema già in crisi ”, spiegano.
No all’immissione di acque depurate nei laghi
Tra i punti più contestati, infine, ci sono i progetti per l’immissione di acque depurate nei laghi, come le cosiddette “Gronde”. Secondo il Coordinamento, si tratterebbe di una scelta pericolosa, perché quelle acque – pur trattate – contengono ancora nutrienti e sostanze organiche che potrebbero alterare l’equilibrio dei bacini, favorendo l’eutrofizzazione.
Le associazioni chiedono inoltre l’annullamento di nuove captazioni, dirette e indirette, come quella prevista con la condotta Sforza Cesarini–Ariccia, e manifestano forte preoccupazione per infrastrutture come il futuro inceneritore di Gualtieri, che da solo assorbirebbe centinaia di migliaia di metri cubi d’acqua all’anno.
“Siamo stanchi di vedere promesse non mantenute e piani calati dall’alto senza visione. È ora che la Regione intervenga con misure urgenti, concrete e condivise, per fermare il degrado delle nostre risorse idriche prima che sia troppo tardi ” – concludono le associazioni del Coordinamento.
segui le notizie del tuo territorio