Non si fermano nemmeno con il maltempo le mobilitazioni contro i tagli boschivi nei Castelli Romani. Nella giornata di ieri, ai Campi d’Annibale si è svolta una nuova iniziativa di protesta, con l’allestimento di una mostra fotografica sulla condizione dei boschi locali e una pedalata collettiva di 35 chilometri per denunciare la trasformazione del territorio in merce di scambio.

Partendo dal parco “La Pompa”, i partecipanti hanno attraversato aree boschive e zone ormai desertificate, documentando con fotografie lo stato drammatico di alcune foreste, mentre veniva distribuito materiale informativo e rivolto un appello chiaro alle istituzioni locali e all’Ente Parco: fermare i tagli e dichiarare una moratoria immediata sui prossimi interventi previsti.
Secondo gli attivisti, almeno il 15% delle foreste è andato perso negli ultimi 20 anni, una situazione che smentisce la narrazione “green” promossa da alcune amministrazioni. Solo nel territorio di Rocca di Papa, il Piano di Gestione Forestale (PGAF) prevede 64 ettari di tagli nel 2025, che diventeranno 650 ettari nell’arco di dieci anni. Una cifra destinata a raddoppiare entro il 2039 se non si inverte la rotta.
Un patrimonio pubblico a 10 euro ad albero
“Che senso ha svendere un bene collettivo come il bosco per appena 10 euro lordi ad albero?”, si chiedono i promotori della mobilitazione. “Si parla di necessità finanziarie, ma intanto si spendono 12 milioni di euro per una seggiovia che costerà altri 2 milioni l’anno in manutenzione su un percorso di appena 300 metri”.
Rocca di Papa tra scelte discutibili e promesse mancate
Sotto accusa finiscono le promesse elettorali disattese e un’opposizione “evanescente”. “Con quei soldi Rocca di Papa poteva essere rigenerata senza abbattere neppure un albero”, attaccano gli attivisti. “Invece si è scelto di alimentare un modello di gestione inefficiente, predatorio e insostenibile”.
Un grido d’allarme che guarda al futuro
L’appello finale è rivolto all’intero comprensorio: “Non possiamo più tollerare i disboscamenti, i prelievi di falda di Acea, la trasformazione dei laghi in stagni, la cementificazione estiva e, soprattutto, l’ombra dell’inceneritore di Santa Palomba”.
Un fronte sempre più ampio e determinato chiede di salvare i Castelli Romani da un futuro segnato dal profitto a scapito dell’ambiente.