Continuiamo in nostro viaggio nel mondo dell’Ares118 dopo la denuncia fatta dalla Fials il sindacato che ha messo nero su bianco le criticità del servizio.
Quante volte ci siamo detti e abbiamo fatto questa domanda, di fronte ad un incidente o ad una persona che ha accusato un malore “Ma sta ambulanza ma quando arriva? Quanto tempo ci vuole per arrivare?”
Domande legittime soprattutto quando ci si rende conto che di fronte a noi c’è bisogno di un intervento di emergenza con personale specializzato.

Così come spesso recandoci nei pronti soccorso degli ospedali, vedendo diverse ambulanze ferme ci domandiamo “Ma che stanno a fa ferme ste ambulanze, invece di andare a fare i soccorsi stanno qui a perdere tempo”
Anche queste domande e riflessioni legittime, che tutti i cittadini normali si fanno, senza sapere invece che il più delle volte, i ritardi negli arrivi dei mezzi di soccorso, o le ambulanze ferme nei piazzali degli ospedali non avvengono per volontà dell’Ares118 ma per una serie di motivi, alcuni dei quali grotteschi, legati anche all’organizzazione dei nosocomi e delle postazioni del 118.


Intanto bisogna dire che la Regione Lazio si è dotato di una norma attraverso la quale si regola e si gestiscono gli accessi ai Pronti Soccorso e negli ospedali, la cosiddetta “Legge cruscotto” ovvero il “Piano Regionale per la Gestione del Flusso di Ricovero e del Sovraffollamento in Pronto Soccorso” del novembre 2022. Di fatto questa norma stabilisce come, quanto, quanti e come devono avvenire gli accessi in ospedale e nei pronti soccorso.
All’interno della stessa vengono richiamate anche le funzioni e le modalità dell’Ares 118. Nel piano regionale si legge relativamente all’Ares118 “Il sistema di emergenza urgenza extraospedaliero ha trasportato, nel 2021, il 20,6% degli accessi di Pronto Soccorso,
che determinano, rispetto agli accessi autonomi, una maggiore incidenza di ricovero e complessità clinica, per cui è opportuno che siano distribuiti in modo omogeneo, pur considerando alcuni fattori concorrenti quali le condizioni cliniche, la sede del soccorso, il tempo di percorrenza, la tipologia di mezzo utilizzato e lo stato di affollamento nei Pronto Soccorso.”
Accade sempre così? In molti casi no e vedremo perché. La normativa recita inoltre “Il cruscotto metropolitano ( da qui legge cruscotto n.d.r.)è lo strumento sviluppato dalla Direzione Aziendale di ARES 118 per distribuire gli accessi individuando dei valori target stabiliti per ciascun Pronto Soccorso secondo i volumi di attività, il numero di accessi autonomi, i criteri di capienza di pronto soccorso e di capacità di ricovero delle strutture. Il cruscotto utilizza il valore target degli accessi per governare la distribuzione in modo indipendente dalle aree territoriali.”
Sembrerebbe tutto apposto ed invece ecco che vengono contemplati, nella normativa i blocchi ambulanze. La normativa infatti definisce due modalità di blocco ambulanza “Il fenomeno del “Blocco Ambulanza” è una condizione che influisce in modo diretto e rilevante sulla efficienza ed
efficacia del soccorso extra-ospedaliero e sul rispetto dei tempi target indicati nel Nuovo Sistema di Garanzia. Il “blocco ambulanza”, prevalentemente determinato dal Boarding in Pronto Soccorso, riduce la possibilità di un efficace governo della distribuzione degli accessi 118 e può essere distinto in “Blocco in barella” quando il paziente rimane sulla barella 118 all’interno del Pronto Soccorso e in “Blocco sul mezzo” quando il paziente rimane sull’ambulanza ARES 118 all’esterno del Pronto Soccorso.”

Ecco quindi spiegato il motivo per cui le ambulanze spesso arrivano tardi o restano ferme nei pronti soccorso.
Accade cioè che per via dei maggiori afflussi in pronto soccorso, gli stessi non siano provvisti di sufficienti lettighe ospedaliere e il paziente quindi, entrato nel Pronto soccorso, viene lasciato sulla barella dell’Are118 e questo di fatto provoca il “blocco in Barella” ovvero il blocco del mezzo dell’Ares118 all’esterno del pronto soccorso in attesa della restituzione della barella.
Un altro fenomeno riguarda la mancanza di posti interni al Pronto soccorso e quindi scatta il blocco sul mezzo, ovvero il malato resta nell’ambulanza in quanto non c’è posto in Pronto soccorso. In entrambi i casi il mezzo dell’Ares118 resta fermo.
E quanto possono durare questi blocchi? Anche diverse ore, se non turni interi di lavoro. Tutto dipende dall’affollamento in Pronto Soccorso. Dagli ultimi dati il servizio Ares118 incide per il 30% degli accessi in Pronto soccorso, mentre il restante 70% arriva con mezzi propri o con altri mezzi, tipo le ambulanze private.
Un fatto che si verifica quotidianamente e sono centinaia le autoambulanze dell’Ares118 che restano ferme per questi problemi. Questo fenomeno comporta un altro problema molto più serio e grave e che incide, spesso, sui cittadini e su coloro che si sentono male.

Se per esempio, l’ambulanza dell’Ares118 viene fermata al NOC dei Castelli Romani e nel frattempo arriva una richiesta di intervento, la centrale operativa dovrà vedere quale ambulanza più vicina possa intervenire e non è detto che sia cosi vicina.
Così capita che per arrivare in casa dell’ammalato o su luogo dell’incidente ci vogliano anche 30 minuti, alle volte anche di più, perché quel mezzo arriva da un’altra postazione del 118 e non da quella territorialmente competente.

Infatti è stabilito che per ogni territorio ci siano diversi mezzi dell’Ares118, in base ad un calcolo per abitanti e km quadrati, ma per via dei blocchi, questi mezzi restano fermi e per rispondere alle emergenze ne vengono inviati altri, dalla centrale operativa, più distanti dalla postazione originaria.
E quando non sono disponibili, l’Ares118 è costretto a ricorrere alle ambulanze private che hanno un costo importante e che incide nella spesa sanitaria regionale.
Ma è possibile che ci sia una così tale penuria di ambulanze nei pronti soccorso? Sempre dal Piano Sanitario del 2022 si legga ancora “Visione congiunta Ospedale-ARES 118 del cruscotto disponibile nel sistema GIPSEWEB in cui vengono registrati i blocchi dopo 30’ dal triage, e sono inserite le informazioni relative al ‘blocco in barella’ in Pronto Soccorso o al “blocco sul mezzo” e l’orario di sblocco; dotazione standard di barelle destinate e attive in Pronto Soccorso pari al 75% del valore indicato dal 90° percentile dei pazienti presenti alle ore 14“
Quindi nei pronti soccorsi debbono essere presenti il 75% delle barelle del 90% dei pazienti. Tradotto ancora meglio. Se alle 14 al NOC, sempre per fare un esempio, ci sono 100 persone al Pronto soccorso, debbono essere presenti il 75% di barelle su 90 persone presenti (90 percentile), ovvero 67 barelle.
Spesso l’afflusso nei pronti soccorso, supera questo numero di barelle disponibili e raggiunto il limite, i sanitari del 118 non possono più trasferire dalla barella dell’ambulanza alla barella dell’ospedale il malato e questo genera il blocco in barella.
Per evitare questo però, il Piano Sanitario prevede la figura del “flussista“, il cui compito è della gestione del “blocco ambulanze” di verificare la dotazione attiva, regolare l’utilizzo delle barelle o altri supporti mobili in Pronto Soccorso e attingere alla intera dotazione ospedaliera. Una figura, potremmo dire, mitologica negli ospedali.
Ma vista la situazione, che si ripete ormai da anni è complicato per gli ospedali di dotarsi di più lettighe e barelle, per evitare i blocchi? Questo non viene preso neanche in considerazione perché alle volte, come sostiene il sindacato Fials, il blocco delle ambulanze nei pronti soccorso, consente agli stessi di poter gestire meglio i problemi nei pronti soccorso, per “smaltire” gli accessi. Un blocco studiato a tavolino? Alle volte può accedere.
Ma questi blocchi sono poi cosi frequenti? Di fatto tutti i giorni dal mattino a notte fonda. Basta vedere le foto che alleghiamo per rendersene conto. A decine i mezzi vengono fermati, spesso per ore, col personale costretto a “girarsi i pollici” mentre all’esterno viaggiano le ambulanze private grazie ad una convenzione regionale di fornitura di un servizio definito “spot”.
A tutto ciò bisogna aggiungere anche la mancanza del personale dell’Ares118, già sottodimensionato rispetto alle necessità e che ogni giorno deve fare fronte ad assenze per via delle ferie, delle malattie e anche vuoi per via di allocazioni particolari del personale in alcuni postazioni che risultano “affollate” più del numero previsto in pianta organica, mentre altre postazioni sono sguarnite di personale. Un problema organizzativo che i vertici dell’Ares dovrebbero risolvere, come la Fials ha chiesto nel suo comunicato.