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Home » Blog » Fassa: il pasticcio delle autorizzazioni. Dalle relazioni emergono difformità e atti penalmente rilevanti

Fassa: il pasticcio delle autorizzazioni. Dalle relazioni emergono difformità e atti penalmente rilevanti

Errori, "pecette sulle cartografie". Tanti sono i vizi di legittimità nella documentazione urbanistica. La "palla" passa ora al Sindaco e alla Regione
Eugenio SiracusaEugenio Siracusa14/11/20247 Mins Read
Lo stabilimento Fassa ad Artena visto dall'alto

E’ un vero pasticcio tutta la vicenda legata agli iter autorizzativi che il Comune di Artena ha rilasciato alla Fassa e Bortolo spa in questi 37 anni.

Tanti sono infatti gli anni passati dal primo atto prodotto dal Comune di Artena che autorizzava l’insediamento produttivo dello stabilimento in zona Pescara.

In questi giorni l’avvocato Perica e l’architetto Cencioni hanno depositato le voluminose relazioni tecniche e legali su tutto l’iter procedimentale ed autorizzativo che il Comune di Artena e conseguentemente la Regione Lazio, hanno prodotto in questi anni.

La verifica di tutto l’iter procedurale è stato voluto dalla Sindaca Silvia Carocci, che nei mesi scorsi aveva deciso di vederci chiaro su tutta la vicenda, anche dietro la spinta dei cittadini e dei comitati. Capire, cioè se tutti gli atti prodotti fossero corretti e nel rispetto delle norme e delle leggi.

Evidentemente tutta la vicenda Fassa è costellata da dubbi sulla regolarità di alcuni atti anche tramite le evidenze mosse dai comitati, come tra l’altro l’ultima sentenza del Tar, poi impugnata al Consiglio di Stato che non si è mai espresso nel merito del giudizio del Tribunale Amministrativo, tanto da indurre l’attuale amministrazione ad agire con una verifica puntuale.

Il risultato che è emerso da questa verifica è a dir poco imbarazzante e per certi versi sconvolgente tanto che, secondo la relazione dell’architetto Cencioni ci sarebbero gli estremi per rivolgersi alla Procura della Repubblica.

Gli errori e le violazioni, secondo gli esperti incaricati, sono tanti e tali che per porre rimedio bisognerebbe annullare gran parte degli atti prodotti, senza considerare i danni erariali provocati.

Nelle 41 pagine della relazione tecnica e nelle 11 pagine della relazione legale un lungo elenco di atti difformi, sbagliati, violazioni, tali da aver indotto in errore anche la Regione Lazio, che ha tra l’altro anche il compito di vigilare sugli atti stessi.

“La verifica della conformità dei titoli autorizzativi rilasciati alla Fassa Due S.p.A., e, nel tempo,
alle società del Gruppo Fassa, ha evidenziato palesi vizi di legittimità rispetto alla disciplina
posta dalle norme urbanistiche ed edilizie riconducibili al P.R.G. vigente, alle N.T.A. di P.R.G.,
evidenziando quindi, un contrasto con la L. 1150/1942 e s.m.i., con il D.P.R. n. 380/2001 e
s.m.i. e con la L. 241/1991 s.m.i
.
” Si legge nella premessa dell’avvocato Perica.

Insomma palesi vizi di legittimità che aprono però degli interrogativi anche sui tecnici comunali che hanno prodotto questa documentazione e sulle azioni poste in essere dai consigli comunali e dai sindaci che si sono susseguiti dal 1987 ad oggi.

“Tra i primi vizi di legittimità traspare il titolo edilizio rilasciato nell’anno 1987, che autorizzava l’insediamento dell’impianto produttivo come di media e grande industria, che risulterebbe in contrasto con la pianificazione urbanistica comunale, non contenendo alcuna convenzione
urbanistica né, tanto meno, un P.I.P. a sostegno del rilascio della concessione, così determinandosi una difformità totale rispetto alla disciplina normativa.
” Si legge nella relazione legale.

Ma le riscontrate irregolarità non si limitato solo a questa, infatti “il dimensionamento delle sagome e dei volumi assentiti risulterebbe in contrasto con le con le norme che regolano i siti industriali piccoli e medi.” Prosegue lo studio dell’avvocato Perica

Addirittura, secondo i tecnici “la concessione edilizia del 1997 conterrebbe difformità tra piani quotati relativamente alla S.U.L., che definisce l’ampliamento degli uffici amministrativi e quelli esistenti con chiari cambiamenti della sagoma, rientrando nella categoria della ristrutturazione edilizia di tipo profondo e non della manutenzione ordinaria, con conseguente diverso calcolo degli oneri rispetto a quello effettuato. Inoltre, l’indice di sviluppo edilizio per le categorie D2 non avrebbe consentito di realizzare un’ulteriore S.U.L.“

Il Sindaco Carocci nell’ultima assemblea svoltasi a Velletri

Una sequela di “errori” che molto probabilmente potevano essere fatti da uno studente di architettura, non certo da tecnici abilitati.

Ma il vero nodo riguarda tutti gli atti predisposti dal 2009 al 2011 che, secondo la relazione tecnica e legale rappresentano una serie di violazioni meritevoli di attenzione dal punto di vista della rilevanza penale.

“Negli anni 2009-2011, viene aperto un procedimento amministrativo a seguito della richiesta Fassa di realizzazione di un nuovo ampliamento e, a fronte di un primo rigetto della istanza, viene rilasciato un permesso di costruire, ma ancora una volta non viene disposta la realizzazione di un P.I.P. in alternativa al P.d.C., che in nessun caso era previsto per le zone produttive, in quanto le norme di PRG e NTA vigenti prevedevano l’attuazione differita e non quella diretta.” Sottolinea l’avvocato Perica nella relazione

“Successivamente, il progetto veniva presentato allo sportello SUAP, ma esso non risultava comunque idoneo a determinare una variante urbanistico – edilizia puntuale ai sensi del d.p.r 160/2010. Manca nuovamente la elaborazione di un P.I.P. previsto, in alternativa al P.d.C., dal P.R.G. e dalle N.T.A. vigenti che, sia per zone D2 sia per quelle D3, prevedono l’attuazione differita e non diretta. Quindi, emerge un totale travisamento delle norme urbanistiche, con l’impropria
introduzione della destinazione D3-Media industria, mai prevista nel P.R.G
;
“

In sostanza non sono stati previsti i Piani di Insediamento Produttivi in alternativa ai Piani di Costruzione, che non sono contemplati nelle zone produttive, comportando così un travisamento sostanziale delle norme urbanistiche e dalle indicazioni del Piano Regolatore Generale che il Comune di Artena ha adottato, come strumento urbanistico regolatore dello sviluppo del territorio.

Ed anche il Consiglio comunale che fu chiamato a votare tali atti non sarebbe stato messo nelle condizioni di avere atti conformi.

Scrive infatti l’avvocato Perica “Al Consiglio comunale vengono sottoposti in approvazione, sempre nell’ambito del procedimento, elaborati grafici ed allegati di rito difformi da quelli approvati nella conferenza dei servizi, con evidenti “alterazioni materiche” (applicazione di adesivi con la sovra trascrizione di dati sulle percentuali di superficie coperta diversi da quelli stampati in origine sul progetto).”

La relazione peritale chiarisce anche uno degli aspetti sostenuti dal Comitato cittadino sulla decadenza delle concessioni edilizie, più volte richiamato nelle assemblee pubbliche.

“Dopo il rilascio del P.d.C. del 2011 ed un inizio lavori nello stesso anno a seguito del decorso del tempo e della mancata esecuzione delle opere nel termine di tre anni, viene richiesta e concessa nel 2017 una proroga di due anni, peraltro per motivi non contemplati nell’art. 15 del D.P.R. 380/2001 e, quindi, in evidente contrasto con tale disciplina normativa” Si legge nella relazione che suffraga le motivazioni del Comitato e le perplessità che molti cittadini avevano sollevato al riguardo.

E l’ultima evidente discrepanza riguarda gli ultimi atti prodotti nel 2019. Si legge infatti nella relazione “A seguito della presentazione dell’istanza Fassa per l’ampliamento nell’anno 2019, ove si fa sempre riferimento per “trascinamento” al P.d.C. 2011, già originariamente illegittimo e
più volte prorogato in modo altrettanto illegittimo, nella successiva conferenza dei servizi
vengono portati all’attenzione dei funzionari regionali progetti contenenti le “alterazioni
materiche”

Ovvero nella conferenza dei servizi regionale furono portati progetti contenenti correzioni con adesivi sovrascritti.

Insomma un vero pasticcio. E ora che fare? La palla tocca al Sindaco Carocci e all’intero consiglio comunale che sarà chiamato, speriamo a breve, ad esprimersi su questi documenti e sulle azioni da intraprendere.

Non è escludibile un ricorso alla Magistratura per accertare eventuali responsabilità di tipo penale e patrimoniale, per i danni erariali eventuali derivanti dal mancato calcolo degli oneri spettanti al Comune e alla collettività di Artena.

La Regione di fronte alle evidenze urbanistiche riscontrate, essendo l’Ente sovracomunale con la finalità di controllo e verifica degli atti amministrativi, potrebbe annullare in autotutela tutto l’iter, ma soprattutto l”ultimo PAUR, sempreché il Comune di Artena decidesse, quale ente pubblico di procedere e sostenere la stessa richiesta.

Di certo la vicenda è di grande impatto e può prevedere anche colpi di scena. Tra le ipotesi infatti si potrebbe configurare quella di un ulteriore ricorso al Consiglio di Stato, il quale potrebbe andare in deroga alla decorrenza dei termini, laddove sia riscontrabile una irregolarità o una falsa attestazione dei presupposti per il rilascio delle autorizzazioni, che siano frutto di una condotta di falsificazione penalmente rilevante e di falsa rappresentazione dei fatti preesistenti al fine d’indurre in errore l’amministrazione.

Da quanto emerge dalle relazioni i presupposti ci sarebbero tutti. A questo punto il Comune di Artena bene farebbe a decidere su come procedere, coinvolgendo magari altri comuni limitrofi, come Cori e Cisterna. A cominciare già dalla conferenza di Servizi richiesta per la modifica dei forni che la Fassa ha richiesto alla Regione e sulla quale i comuni sono chiamati ad presentare eventuali osservazioni.

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